Il Grande Fratello

Il Grande Fratello di qui, il Grande Fratello di là, il Grande Fratello di su, il Grande Fratello di giù e così via.
Ho l’impressione che con ci sia ancora accorti (e questo è molto grave) del più semplice e logico degli schemi ai quali la trasmissione si riconduce, ovverosia quegli schemi di tecnica e strategia commerciale ed imprenditoriale che sono presenti in tutte le attività produttive.
Non essersi ancora accorti di questo, ritengo sia piuttosto preoccupante e soprattutto squalificante per i milioni di telespettatori incollati al video per vedere … “il nulla”.
Di che cosa non ci si è accorti? Rispondo con un esempio.
Mettiamo il caso che due amici al bar, disponendo di un po’ di quattrini e di altrettanta fantasia decidano di dar vita ad una trasmissione che preveda di rinchiudere in una casa-bunker una decina di persone con lo scopo di filmare in continuazione le loro mosse e trasmetterle non-stop in televisione, Internet ecc. (il Grande Fratello appunto).
I nostri due amici subito prevedono di contattare direttamente le persone che faranno parte del gruppo ed espongono l’idea riferendo loro testualmente: “Caro ragazzo (o ragazza),  io ti do la possibilità di diventare famoso grazie alla martellante presenza in video, garantita dal modello stesso di trasmissione televisiva che ho intenzione di programmare e tu, ovviamente, finito il tutto, mi garantisci che rimarrai vincolato a me per tutte le iniziative artistiche e culturali (cinema, libri, apparizioni promozionali, ecc.) per almeno un periodo di “tot” anni, durante il quale io avrò diritto di trattenere una “tot” percentuale di provvigione sui tuoi proventi”.
E’ evidente ed oltremodo elementare che si tratta del classico contratto fra produttore e artista; in questo caso non si tratta di artista ma di persona che si spera diverrà celebre avendone quantomeno quasi la certezza, ma non fa molta differenza.
Io, da dilettante remigino della produzione televisiva, farei così. E accipicchia! Ti do la fama, la celebrità e via di seguito e tu finita la festa, gabbato il santo (cioè io che ti ho portato sulla vetta della popolarità)? Non scherziamo, almeno un tributo (e congruo) me lo dovrai pur riconoscere.
Ma non è finita. Siccome alla fine ci sarà un vincitore,  per evitare sorprese, proporrei di stabilire fin dall’inizio, in base alla disponibilità di ciascuno dei “concorrenti”,  il periodo di tempo che ognuno di loro potrebbe dedicare alla realizzazione del programma,  non senza far presente, agli eventuali ambiziosi del gruppo, che dopotutto la vittoria sarebbe cosa meramente simbolica e necessaria soltanto per coronare l’epilogo dell’idea televisiva posta in essere.
Così facendo e messi tutti d’accordo, darei inizio alla promozione, alle selezioni ecc. (ah, dimenticavo di precisare che tutta l’operazione suddescritta l’avrei messa in atto e conclusa molto prima di iniziare qualsivoglia attività, onde evitare di procedere al buio e senza il contratto in tasca, col rischio di perdere tempo e denaro).
Mi rivolgerei quindi agli sponsor, con una strizzatine d’occhio in particolare ai gestori della telefonia (fissa e mobile) facendo loro presente del cospicuo potenziale giro d’affari e di “scatti” che graviterà sulle loro linee a seguito dell’accanimento degli appassionati televotanti.
Scrupoli? Non ne avrei, in quanto sarei consapevole di aver regalato ed elargito quello che il popolo televisivo (dieci milioni di teleguardoni non sono una quisquilia) acclamava a gran voce, soddisfacendolo e rendendolo felice.
E tutte le polemiche e gli strascichi etico-social-politici? Robetta. E, in ogni caso, tutto fa notizia.
Il guaio è che non sono così sicuro se sia la trasmissione ad essere strumentalizzata o se più verosimilmente sia la stessa trasmissione televisiva a strumentalizzarci.


Riccardo Cerati