Libera Chiesa in libero Stato

Vi ricordate la polemica innescata in merito all’auspicio rivolto dall’allora Pontefice Giovanni Paolo II, in occasione della sua visita in Parlamento, affinché venisse adottato un provvedimento di clemenza (leggasi indulto) nei confronti dei carcerati?
E’ evidente che a tutti i “soloni” dell’informazione è sfuggito il particolare, non trascurabile, che il   Papa, come capo della Chiesa cattolica, non poteva dire che quello che in realtà  ha detto.
Come si fa a parlare di ingerenza del Pontefice negli affari di Stato,  nel momento in cui si teme che possa influenzare la linea politica italiana, affrontando il tema delle carceri?
Non si legge forse,  in una delle sette opere di misericordia, un pensiero particolare della dottrina cattolica a favore di chi sta rinchiuso in galera a scontare la pena per le proprie malefatte?
Ebbene,  non è da cretini aver temuto che il Papa potesse affrontare, fra i tanti argomenti, anche quello delle carceri? E come avrebbe potuto affrontarlo, se non alla sua maniera e cioè invitando ad avere pietà e chiedere un gesto di clemenza per i detenuti? Forse vi è chi pensava che Papa Wojtyla si sarebbe espresso per il carcere duro e per un inasprimento delle pene?
E per la guerra? E per la fame?
Ma andiamo! E’ ora di smetterla con i balletti della superficialità e, prima di parlare, fare un esame di coscienza e ragionare con semplicità, senza farsi travolgere dalla fregola di voler dire la propria a tutti i costi, perdendo di vista i concetti concreti. 

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L’argomento mi invita e stimola a toccare un altro tema di scontro fra Stato e Cattolicesimo. Mi riferisco al problema del crocefisso nelle aule scolastiche. E’ un tema che raffiora costantemente nelle pagine dei giornali e sinceramente mi è venuta un’idea per porre fine alla sterile diatriba.
Posto che quella cattolica non può più considerarsi teoricamente (in politica infatti lo è) la religione di Stato e posto che non è possibile accontentare tutti creando altari e tabernacoli ad hoc, per ogni “credo”,  nelle aule,  sono perfettamente d’accordo sulla rimozione del Cristo in croce, però ritengo che il problema vada interpretato con una più drastica riforma. Parlo delle festività religiose che dovrebbero essere tutte soppresse. Siamo sicuri infatti che un musulmano non si senta offeso dal fatto che i cattolici milanesi (anche quelli di sinistra) festeggiano il giorno dell’Immacolata Concezione l’8 dicembre e poi via a ruota il S.Ambrogio al mare, ai laghi o sulle dolomiti (e… pure tre o quattro anche in chiesta a prendere la Messa)?
E siamo sicuri che un buddista che lavora alla Fiat (ancora per quanto non si sa)  non si senta disgustato dal dover stare lontano dalla catena di montaggio la domenica? Budda non ha creato il mondo in sei giorni e poi il settimo di è riposato, eppertanto penso che alla lunga questa forzatura di eventi festivi, queste imposizioni di celebrazioni (…della gita fuori porta, della vasca fra le vetrine, ecc.) potrebbero cagionare traumi psichici fra coloro che non appartengono alla dottrina religiosa che celebra detti eventi. Per non parlare degli atei!


Riccardo Cerati