I "coccodrilli" dei giornalisti sportivi

Fanno sorridere certi discorsi ascoltati in televisione nei vari (troppi) programmi sportivi sui moralismi nei confronti dello sport-industria che ha tolto il sapore della vera competizione e del sano agonismo. Ma non sono proprio loro, i giornalisti sportivi, che sguazzano in continuazione dentro a quella pioggia di miliardi che ipocritamente criticano? In tutti quei salotti televisivi nei quali si discute di questa preziosa aria fritta? Signori miei, non sputate nel piatto in cui mangiate! E smettetela di guardare al passato con la lacrimuccia nostalgica! Siete proprio sicuri che le situazioni e le sensazioni che cercate e che rimpiangete non esistono più? Avete mai provato ad abbandonare la comoda poltrona del talk-show ed entrare in quegli stadi di provincia per seguire, non so, una squadra di prima o seconda categoria, o magari una partita fra vecchie glorie di paese scapoli e ammogliati? Ebbene, vi garantisco che quei brividi e quelle atmosfere che dite di non riuscire a trovare, lì ci sono tutte; anche i drammi (quelli veri però!), non quelli alla Ronaldo o all’ultimo campione rotto. Mi spiego meglio; senza nulla togliere al dolore e al dispiacere che può provare chiunque nel fracassarsi un ginocchio, mi sembra doveroso fare una distinzione fra il dramma che può scoppiare a seguito della rottura di una gamba di un piccolo artigiano, capo di una famiglia monoreddito e con la passione del calcio, e il “dramma” (le virgolette sono d’obbligo) di un ragazzetto poco più che ventenne che intasca miliardi a palate “solo” per far quello che il nostro povero artigiano di cui sopra fa per passione,  al di fuori dell’orario di lavoro (quello vero!). Meditate, meditate!  Se volete veramente che le cose cambino, cominciate voi a dare più spazio e più soddisfazione a coloro che, sempre secondo voi,  meritano (giustamente) questo spazio perché testimoni di valori e sentimenti che hanno bisogno dell’aiuto di qualche riflettore (anche una….lampadina) per non venire soffocati e accecati dalle fotocellule del palcoscenico della fatuità miliardaria.


Riccardo Cerati