Privacy ed impronte digitali
Ricordate la polemica sulle impronte digitali? Un giorno mi sono
recato all’Ufficio Anagrafe del mio Comune per rinnovare la carta
d’identità e per l’occasione ho optato per quella cosiddetta
elettronica, formato “card”, ritenendola più pratica e da preferire
per i molteplici usi ad essa connessi.
Ebbene, durante le operazioni di “confezionamento” del documento mi
è stato chiesto di appoggiare il polpastrello della falangetta del
dito indice della mano sinistra sopra ad un rilevatore ad infrarossi
per le impronte digitali. Credetemi, ho accettato spontaneamente e
non ho subito traumi, sono stato bene, anche se accusavo un po’ di
raffreddore, ma forse dovuto alle allergie di stagione e poi, del
resto tossivo e starnutivo anche prima del rinnovo del documento.
Guardandomi allo specchio mi sono riconosciuto sempre nella stessa
persona e non mi sono sentito minato nella dignità. Anche mia
moglie, che ha rinnovato pure lei la carta d’identità, è rimasta
serenissima ed in ottima salute.
Scambiando quattro chiacchiere con la gentilissima impiegata ho
appreso che questo nuovo sistema di carta elettronica è stato
accolto con entusiasmo dai cittadini, tant’è che per poterne entrare
in possesso telefonano per la prenotazione e attendono il loro turno
che potrebbe toccare anche dopo diverse settimane.
A questo punto mi è venuta spontanea una domanda: ma allora, tempo
massimo cinque anni, si risolverà spontaneamente e nell’assoluto
silenzio di normale routine, il rinnovo dei documenti di identità di
tutti gli italiani, con il sistema elettronico, ed al tempo stesso
si raccoglieranno anche le impronte digitali senza tutto quel casino
e polverone sollevato dalla stampa, dai politici e dai…demagoghi da
strapazzo in merito alla privacy? Ebbene si.
Ebbene sì! Pare proprio così; pare.
Vi prego, ditemi che non è vero! Ditemi che non è così semplice,
perché se fosse vera la mia supposizione, mi viene la tremarella
alle gambe; la mia preoccupazione sale vertiginosamente. Non riesco
a stare sereno con me stesso se penso che altri problemi e non mi
riferisco a quelli stupido-sociali come questo, ma intendo quelli
più gravi (terrorismo, sanitari, pubblica sicurezza ecc.,) possono
essere affrontati, risolti (?), commentati e discussi da politici,
esperti, giornalisti e salottieri da TV, con la stessa…intelligenza
con cui sembra essere stata affrontata la telenovela delle impronte
digitali.
Fervorino finale. Smettetela di sbandierare la privacy, proprio voi
giornalisti che siete per la professione degli assoluti (e per la
forza) ficcanaso. Smettetela perché oltre che rasentare (e spesso
oltrepassare) il ridicolo, all’insegna del “dachepulpitovienlapredica”,
non vi siete ancora accorti che il narcisismo umano può arrivare
addirittura a desiderare quei comportamenti che voi continuate a
chiamare violazioni della vita privata.
Volete degli esempi?
Non siete stati voi a tacciare di esibizionismo alcuni magistrati
amanti dei riflettori della celebrità?
Siete proprio sicuri che la starlettina dell’ultimo momento sia
dispiaciuta di comparire con le tette al vento sul motoscafo di un
playboiazzo da ferragosto sulla copertina di un rotocalco rosa?
Siete sicuri che il bausciotto della porta accanto, quando
conferisce al telefonino a squarciagola sul pianerottolo o seduto al
bar della piazza principale del paese, sia preoccupato della privacy
o sia al contrario preoccupato di far sapere quale sarà la meta del
suo prossimo viaggio esotico o il nome delle sue recenti conquiste
femminili?
Siete sicuri che quelle persone che salutano con la manina le
telecamere che le inquadrano in qualsiasi posto si trovino (allo
stadio, sulla pubblica via ecc.) si sentano violate nella loro
“sfera intima” e come loro pure i pedoni che passano davanti ai
videocitofoni sui portoni dei condomini?
Su, andiamo, è ora di smetterla per creare problemi quando non ci
sono, altrimenti viene spontaneo trascurare quelli veri, in
considerazione del fatto che, dopotutto, se ci accapigliamo per
delle scemenze, vorrà dire che siamo un popolo molto, ma molto
fortunato.
Riccardo Cerati