Ma perchè i trombati piangono?
Fanno
riflettere non poco il disappunto e la delusione manifestati dai
cosiddetti candidati mancati, di tutti gli schieramenti politici,
all’indomani degli esiti elettorali.
Fanno riflettere, dicevo, perché viene il sospetto, al semplice
elettore, che, dietro alle lamentele ed ai dissensi, si nasconda
qualcosa che oltrepassa la semplice ambizione.
Il mandato parlamentare rappresenta una responsabilità che dovrebbe
tradursi in impegni faticosi e ritmi stressanti per raggiungere
obiettivi e risultati che richiedono uno sforzo totale per la buona
amministrazione del Paese.
L’uomo qualunque (o l’elettore della strada) capisce bene che, dopo
anni di fatiche parlamentari, un deputato dovrebbe essere quasi –
quasi soddisfatto di venire rimpiazzato dal nuovo arrivato, sul
quale andrà a scaricarsi tutto quel bagaglio di fatiche ed impegni
gravosi che, nell’espletamento del mandato, hanno pesato
sull’onorevole uscente, il quale ultimo potrà ritornare alla sua
professione e dedicarsi comunque con più serenità alla vita
politica, suggerendo e consigliando il nuovo arrivato. Tutto ciò
arricchirebbe notevolmente l’operato e l’attività dei nuovi
parlamentari che troverebbero la collaborazione degli ex e farebbero
tesoro delle loro precedenti esperienze.
Dunque, in concreto, l’attività politica dell’uscente non
cesserebbe, ma si manterrebbe su binari più rilassanti, rilevandosi
al tempo stesso costruttiva. In altre parole non ci si dovrebbe
sentire, per così dire, tagliati fuori.
Da ultimo, guardando l’aspetto economico, ci si accorge che, tutto
sommato, la pensione maturata (anche per pochi giorni di
legislatura) è rappresentata da un importo del tutto rispettabile,
come rispettabile è ciò che rimane delle varie agevolazioni, sconti
e via discorrendo, riservati agli ex parlamentari.
Ma allora, perché l’escluso piange?
Ben venga il ricambio nelle poltrone, ben vengano i consigli degli
anziani (quelli che, saggiamente e generosamente, si tirano da
parte) alle nuove leve, ben vengano i suggerimenti allargati
rispetto alle esigenze dei cittadini che, in tal modo, si sentiranno
maggiormente al centro dell’attenzione rispetto a quanto si sentono
attualmente e si sono sentiti in passato, vedendo l’attività
capillare degli ex, con i nuovi arrivati, inserirsi nel tessuto
sociale.
Il nuovo che avanza, in qualsiasi campo, non può essere
rappresentato da politici anziani dal passato glorioso e dal
presente discutibile che, anziché farsi da parte per mandare avanti
nuovi volti in politica, continuano a vivere con l’ossessione del
presenzialismo a tutti i costi.
Cosa ne può dedurre il cittadino chiamato alle urne per esprimere un
voto che, da tutte le parti, gli viene prospettato come voto di
cambiamento, di riforme, di rinnovamento e di rilancio da una delle
tante “piattaforme” che costellano il territorio politico e
sindacale, di vento che cambia, quando il coro e chi soffia è sempre
lo stesso?
Se è umana l’ambizione, sono umane pure la nausea e la stanchezza
per campagne elettorali sempre uguali, laddove l’unica novità di
rilievo è rappresentata dal rischio che la lista del partito degli
astensionisti si arricchisca sempre di più.
Riccardo Cerati